Renato Filippelli

dai fatti al web

Il cinto della Veronica

Convinto dell’ assoluta inutilità di «presentare» con più o meno acconce parole raccolte di versi di giovani (ma anche di anziani), perché la poesia, se esiste, risplende da sé, mi asterrò accuratamente dal farlo in questa circostanza. L’autore di queste liriche ha voluto, bontà sua, parlare as- sai gentilmente di me, ed io dirò, ovviamente senza alcun intento di « contraccambiare », che non ricordo nemmeno il suo volto, avendolo visto una o due volte nel 1954 o ‘55; e che di lui riconosco soltanto la scrittura, che ho vista più volte negli «originali» dei versi e nelle lettere non frequenti.
Credo che le sue cose meritino una lettura non frettolo- sa, fatta per scriverei su qualche rigo di convenienza o una recensione per la « diffusa» rivista letteraria. Tutte le volte che mi è capitato di leggerle, nei suddetti « originali », me ne è venuta una sensazione di freschezza, di spontaneità. Le forzature, che pur non mancano, si fanno perdonare se..nza troppa fatica, perché nOti si può pretendere che un poeta sia sempre e soltanto se stesso, o che non abbia qualche attimo di debolezza che lo costringa ad arrendersi a un’immagine non felice.
Intanto, la consuetudine di scriver recensioni mi stava « prendendo la mano »: piuttosto subdolamente, e costringendomi a poco a poco a quella « presentazione» che ho
detto di non voler fare. Mi accorgo di aver usato per Filippelli, qualche rlgo più su, la parola «poeta »: e non mi pento affatto nel rileggerla. Non mi appare eccessiva o troppo benevola, pur conoscendone il significato. Ci troviamo senza dubbio di fronte a un poeta: di alta o durevole vena ora non è possibile dire, ma che ha certamente in sé il dono di una chiara vena di canto. Chiara non criptoermetica o di genere affine. E squisitamente personale. Che sollievo poterlo dire senza voler fare un complimento a Filippelli, in questi tempi così ricchi di « opere prime» e di premi letterari, ma così avari di poesia.
Napoli, giugno 1964.
EDOARDO GENNARINI

ALCUNI AUTOREVOLI GIUDIZI E IL RINGRAZIAMENTO DELL’AUTORE
Pessimo critico di me stesso, prima di consegnare all’editore queste mie nuove poesie, son venuto domandando le opinioni di alcune illustri personalità del giornalismo e della letteratura. La loro gentilezza squisita - e spesso lusinghiera - mi ha messo nell’obbligo della riconoscenza.
E dunque grazie alla memoria nobilissima di Marco Ramperti: «Questi del Filippelli son versi d’indole varia, di franca e fresca originalità, d’invenzione chiara e geniale. Vi sono accenti difficilmente reperibili e non facilmente dimenticabili … » (dalla terza pagina del « Roma », 15-6-1961).
Grazie alla memoria di E. A. Mario: «Carissimo, certo, il problema degli artisti ventenni a questi chiari di luna è più difficile di quello del mio tempo. Allora volere era anche potere. Oggi, che debbo dirvi?,. non sempre si può volendo. Occorrono le spinte, gli spintoni, e tante altre brutte cose. Ma voi avete molto talento poetico, fatevi coraggio, e avanti! » (lettera del 23-4-1957).
Grazie alla memoria dello scrittore Giuseppe Marotta: «Caro Filippelli, a me i vostri versi piacciono moltissimo. Peccato che il mio giudizio valga poco. Lavorate molto. E auguri ». (lettera del 12-5- 1962).
Grazie al poeta Corrado Govoni: « … così, caro Filippelli, posso dirvi che la vostra poesia poggia senza dubbio su solidissime basi di versificazione, con un linguaggio quanto mai suggestivo e poetico. Alcune di queste liriche son perfettissime per forma e per contenuto ». (lettera del 23-12-1959).
Grazie al professore Italo Maione, dell’Università di Napoli: « … I motivi che appaiono in queste liriche del Filippelli hanno il tono delle cose vive, fresche, giovanilmente suasive, appena velate da una melodiosa malinconia … » (dalla «presentazione» del 23-5-1959).
Grazie al Direttore della rivista «Epoca »: «Caro Filippelli, il Direttore si complimenta con lei per la ’squisita musicalità e l’ele- ganza dei suoi versi … » (lettera del dotto Armaroli, 20-1-1964).
Grazie al professore Giuseppe Toffanin, dell’Università di Napoli: «Caro Filippelli, io da molto tempo ho rinunciato a giudicare la poesia moderna: mi ci perdo. La sua però non è solo moderna. E che ci passi dentro qualcosa che ha tutta l’aria della poesia non oserei negarlo … :» (lettera del 25-7-1962).

Grazie al giornalista Giovanni Ansa/do, direttore de «Il Mat- tino »: «Caro Filippelli, il Direttore Ansaldo mi incarica di farle le sue congratulazioni vivissime per la calda e sincera vena di poesia che percorre i suoi versi ». (lettera del dotto Aldo Stefanile, 18-5- 1959).
Grazie allo scrittore Dino Provenzal: «lo non mi intendo di poesia moderna: posso dirle, e congratularmi, che le sue pagine non abbiano arzigogoli, nè ermetismi nè oscurità, chè abbiano immagini assai belle, che i sentimenti espressi siano nobilissimi…» (lettera del 14-8-1963)_
Grazie alla gentile poetessa Maria Luisa D’Aquino: «Caro Filippelli, in quelle che lei chiama le sue «coserelle» ho trovato un sincero afflato di poesia. Ma non mi pecchi di umiltà: la Poesia è forse la sola cosa che ci riscatti da ogni umiltà … » (lettera del 18-5-1962).
Un ultimo ringraziamento - e particolarissimo - ho da rendere al professore Edoardo Gennarini, dell’Università di Napoli: a quella sua umanità arguta e gentile, a quella sua misura manzoniana avvertibile così nella sua vita come nella sua pagina scritta.
Nei corridoi del liceo sessano del «Nifo », dov’egli fu preside per qualche tempo, avvenne il nostro primo incontro. Ero venuto a cercarlo portando con me un esile quaderno con su versi di anche più esile ispirazione.
Avevo allora meno di diciott’anni. Il Gennarini mi ascoltò con interesse, con simpatia, forse anche con un poco di. pietà per quel mio inerme fervore. Più tardi, giudicando di altri miei versi dimenticati, egli mi scrisse: «Iddio vi assista, e non soltanto per la poesia ».
Grazie, professore Gennarini.
RENATO FILIPPELLI
Scauri, aprile 1964.

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