Carissimo amico - Vittorino Andreoli
Per il libro di Vittorino Andreoli
Carissimo amico (Lettera sulla droga)
In questo libro, concepito come una lettera ad amici, uno psichiatra e psicologo di fama internazionale, volto familiare e caro a milioni di telespettatori, Vittorino Andreoli, racconta il dramma della gioventù che muore per droga, avendo abdicato ad uno dei valori più alti dell’esistenza umana: la coscienza di sé come persona e definita identità.
In una lirica di fine fattura, Umberto Saba scrisse: “Indifferente gioventù si allaccia, / sbanda a povere mete”. Se ci è lecito manipolare questi versi, possiamo sostituire all’aggettivo “povere” l’aggettivo “tragiche”, perché il drogato, per un’effimera sensazione di potenza e di piacere, esce dal consorzio civile e si condanna ad una desolata condizione di estraneità e di non appartenenza.
Andreoli si sofferma sulla varia tipologia degli stupefacenti, senza distinguere fra droghe “leggere” e droghe “pesanti”, egualmente pericolose per chi ne fa uso; ma più che il novero puntuale e ragionato delle varie droghe, conta nel libro l’impegno dell’ autore a farsi consigliere di comportamenti civili, degni di un essere umano che non voglia degradarsi in una sorta di matta bestialità.
Nella sua scrittura Andreoli evita le burbanze moralistiche e trattiene i toni in una dimensione amabilmente sommessa e confidenziale; che conquista il lettore e lo trae ad una piena partecipazione. Per dirla con San Bernardino da Siena, Andreoli scrive alla “dimestica”, senza pretese di “sillogizzare invidiosi veri”. Da questa semplicità sortiscono però effetti di fine eleganza, cui non è estranea la lezione dei classici, con la loro meravigliosa nudità. Il libro è anche una testimonianza di quell’umiltà, che è propria dei grandi spiriti. Infatti, a chiusura della “Lettera”, Andreoli scrive, rivolgendosi ad un ideale lettore: “Lasciami credere che questa lettera serva almeno a qualcuno. A te, perché è a te che mi sono rivolto ed ho dedicato quel “Carissimo”. Vorrei darti ora un sorriso ma mi accorgo che la mia vista si è un poco offuscata per la commozione, forse perché sono vecchio e stanco. [. . .] spero di poterti scrivere ancora e per farlo aspetto che tu mi risponda, magari con un semplice gesto, un gesto di comprensione e magari di affetto. È ciò di cui anche chi scrive ha sempre bisogno “.
Qualche mese fa, da un’emittente televisiva, io e mia moglie sentimmo Andreoli conversare sul tema dell’adolescenza, come fase fra le più difficili e complesse nell’ evolversi della persona umana: una fase che ispirò al Leopardi questi versi immortali: ” e già nel primo giovani! tumulto / di contenti, di angosce e di desìo … Andreoli, accettando l’ ossimoro “contenti-angosce”, tracciava un quadro straordinariamente vero dei nostri adolescenti e raccomandava alle mamme comprensione e indulgenza.
Grazie, Maestro, anche per questo servigio reso alle nuove generazioni”., Quanto all’affetto che si aspetta da noi, sia certo della sua forza e della sua sincerità.
Marina di Minturno, ottobre 2009
Renato Filippelli
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