Plenilunio nella palude (1997)
Oltre il confine
Quando saremo, oltre il confine, io ombra
e Tu Persona,
io silenzio contratto,
e Tu Parola effusa per i cieli,
lascia, Signore, che la compassione
prevalga sul ribrezzo,
non domandarmi il prezzo del perdono.
Accompàgnati a me come il fanciullo
che porta a casa il vecchio padre ubriaco.
Gli agguati
Oggi mi chiami ai borghi
Della mia valle, San Felice, Gusti,
Cascano, La Corbàra: nido e cuore
Della mia sera. Come nel Tuo prisma
divino si moltiplica e si svela
Il segreto del mondo! Sono spiriti
Preganti, quelle querce che s’intagliano
nell’orizzonte dove muore il sole.
Sulla mia strada persa e ritrovata
son giochi tenerissimi
di fantasia ridente gli agguati
della tua luce dorata.
Donne sul Massico
Le mani delle donne aprono stìmmate
sui ventagli di strame a monte Massico.
Arte paziente fa duttile il nerbo
tagliente, trame sporte
pei mercati dei poveri. La soglia
della mia casa si consunse al battito
del mazzuolo di rovere. O Signore,
o Signore, nel giorno
della resurrezione della carne,
guarda le mani delle donne nostre.
Il volto scolpito
Il Tuo volto morente fu scolpito
da mano ingenua e trepida su un lembo
della scogliera di Monte D’Argento.
Lo insozzano alghe fradicie, siringhe
avvelenate; calpestìo di fughe
ebbre nella stagione dei bagnanti;
lo flagellano fruste di marea.
La Tua storia, quel piccolo Golgota,
apre e chiude i suoi cerchi nell’ eterno
come il flutto che batte su quel viso.
“ Sarai con me oggi stesso in Paradiso…”:
la promessa al ladrone! Era di sera,
una sera d’ottobre, dolce e sola
sul mare, e io vidi all’improvviso, accanto
ai miei passi di sabbia,
quel tuo volto scolpito ed ebbi un grido
nell’anima materna: “Figlio mio!…”
I segni
Se cerco a ritroso nel tempo
i segni del Tuo amore, le pietre
miliari che ponevi sul cammino
della mia vita dispersa, vedo i grandi
conventi delle alture medioevali,
dove prima sentii farsi richiamo
la spirale del vento nell’azzurro.
Elci immensi fiancheggiano la strada
Che sale alla spelonca di Subiaco
Hanno radici sparse sulle rocce:
nere radici, mani
aperte con tentacoli di piovre
ingorde di quel sacro. Fu Tua grazia
ch’io leggessi, a vent’anni, in quello spasimo
di desiderio un segno
oscuro e dolce per il mio destino
La resa
L’ago del tempo affretta la parabola.
Fa il Tuo gioco. Una mano di maestro
Ha tessuto la morte nella stoffa
Del mondo. Mi distendo
Sul dorso come un cane
Arreso ai piedi del padrone. Ora
Puoi farmi molto male, piovra
Di luce, ragno tessitore
Pasqua ad Ischia
Dopo la Tua resurrezione, il mondo
È una storia di inizi, di rinascite.
Il Tuo passaggio
apre alla notte i suoi semi d’aurora.
Così nelle nere
Acque del porto l’aliscafo in fuga
verso l’isole scava la sua striscia
di biancore. E vi scendono gabbiani
angelici con lunghe ali di gioia
Lei ti contesterà
Mandami in sogno
mia madre e non sappia
che è morta, sicchè mi racconti
la vita, i giorni
dimenticati, il dolore
della sua faccia smarrita.
Sii buono con lei, il giorno
che girerai il mio nudo
cuore nelle Tue mani,
e sarai giudice crudo.
Lei ti contesterà con aspra
voce di popolana.
Così faceva, amorosa
e cieca a difendermi
per strada, nell’infanzia lontana.
Il fuoco
Sii per noi tutti il fuoco
che morde sulla pina sigillata
ed apre, in uno sboccio
di petali, l’aroma dei pinòli.
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